domenica 26 ottobre 2008

Odio

Io ti maledico.
Io ti maledico per quanto mi hai fatto, per quello che mi hai fatto e che potevi non farmi. Io ti maledico e ti auguro il peggio che la vita puo riservarti. Non che tu muoia, io ti auguro la sofferenza, io ti auguro che non ci sia giornata senza dolore, che non vi sia nottata che possa essere riposante, che il tuo corpo non ti faccia sentire altro che voglia di morire. Io ti auguro che le ossa cedano e le articolazioni ti si ribellino, che la carne marcisca, ma ti resti attaccata addosso, che i nervi per te significhino solo dolore, e che il piacere ti si mostri solo per ricordarti che esiste, fugacemente, nella sofferenza. Che gli occhi non vedano che sofferenza, che le orecchie non odano e che la lingua ti possa marcire in bocca, che nulla ti possa distrarre.
Tutto questo ti auguro, per quanto mi hai fatto.

Io ti maledico per quello che mi hai fatto e per quello che avresti potuto evitarmi, per le persone che hai messo avanti a me, per la sofferenza che la tua mancata azione mi ha provocato. Per questo che la fame senza fine e la sete che non termina ti accompagnino per tutta la tua lunga vita. Non ci sara’ riposo, per te, non ci sara’ pace per quanto non mi hai evitato, non ci sara’ che eterna attesa di quello che non potrai mai piu avere.
Tutto questo ti auguro per quello che non mi hai fatto.

Io ti maledico per quello che mi hai fatto, per quello che avresti potuto evitarmi e per come mi hai ridotto. Per questo maledico i tuoi figli, che saranno deboli, e che porteranno avanti la tua discendenza nel dolore e nella miseria. Che tu possa essere disconosciuto dalla tua prole, che tu possa essere rinnegato dalla tua famiglia, che nessuno possa avere pieta’ di te. Che i tuoi nipoti maledicano il tuo nome per come sono ora, e per come saro’ grazie a te. Che sputino al tuo passaggio, che tu non abbia altro letto che il fango, che tu non possa avere altra sicurezza che la tua miseria.
Per quello che io sono ora ti maledico.

E ancora ti maledico per come sei, per come ti ho visto e per come io abbia sperato tu fossi, per come hai alimentato la speranza e l’illusione, per come mi hai ingannato tutto questo tempo. Per tutto questo io ti maledico, e ti auguro che tu non possa vere altro che mille volte quello che ti ho augurato, e mille volte ancora, per ma ia soddisfazione eterna.

G.Z.

domenica 27 luglio 2008

Gocce

Venite, ragazzi, voglio raccontarvi una storia. E' una storia un poco complessa, quindi voglio che mi seguiate con attenzione, perche' non potrò ripetere nulla. Chiamate tutti i vostri amici, mettetevi comodi in cerchio, e cominciamo.
Tutto bene? Tutti comodi? Perfetto: questa che sto per raccontarvi e' la storia di alcune gocce, che raccontano la storia di una bella ragazza. Gocce? Bella ragazza? Gia sento che alcuni di voi si pongono questa domanda, e sento le voci dei piu’ grandicelli che ridacchiano che hanno dato una risposta maliziosa. State buoni, riderete dopo, se vorrete ridere. Ora ascoltate:

La goccia di sangue scese lentamente dal polso della fanciulla, correndo soprapelle la breve strada che la separava dalla mano tra le vene pulsanti, i muscoli e i tendini. Quando raggiunse il palmo della mano era grande la meta’ di quando era partita, e si fermo’ li qualche secondo, come indecisa sul da farsi, fino a quando venne raggiunta dalle sorelle. Rinforzata nella sua forza scorse lungo il palmo della mano, affusolato, di una ragazza che si era sempre tenuta in forma e che si era sempre curata di se. La goccia raccolse nel suo passaggio il passato della mano, che molto aveva fatto e che piu ancora avrebbe potuto fare. Si fermo’ ancora una volta indecisa il fondo al palmo della mano. Quale dito scegliere, quale il terminale della propria esistenza? Decise per l’indice, un dito importante, che molto aveva indicato in quegli anni di vita, molto aveva espresso e molto aveva fuggito. Scorse per l’indice, arrivo’ all’unghia, la bagno’, macchio’ lo smalto messo nuovo per l’occasione e a sua volta si suicido’ a terra. Dopo di lei, fantastica esploratrice, molte altre gocce sue sorelle percorsero la sua strada, e strade affini, e si raccolsero a terra, raccontandosi l’un l’altra il proprio viaggio lungo quel bellissimo territorio inesplorato.

La lacrima scese lungo la guancia destra della ragazza. Sgorgo’ dall’occhio, si impiastriccio’ con il trucco e prosegui marcando un nero sentiero sulla guancia. La lacrima era una lacrima mista, era una lacrima di dolore e di rimpianto, una lacrima di rimorso e di sconfitta. Un flusso continuo di sorelle lacrime rinforzava il sentiero che scendeva piano fino alle scapole, passando vicino ai capelli raccolti e alle labbra contratte dal pianto, fino a sciogliersi nell’acqua della vasca da bagno. L’acqua della vasca da bagno era quindi contaminata da tutto questo; dolore, fisico per quello che stava succedendo ed emotivo per quello che era successo; rimpianto, per quello che sarebbe potuto succedere ma che non era successo, e rimpianto perche’ era colpa di lei se non era successo; rimorso, per quello che invece era successo, che fosse o non fosse stata colpa sua. E infine la sconfitta, l’amica finale, quella che le ha dato la consapevolezza, totale e imprescindibile, di quello che era la sua vita fino ad ora.

La goccia di inchiostro macchiava la carta con cui la ragazza aveva scritto un messaggio a chi rimaneva. Stava li, ormai mezza assorbita dalla carta, a pensare al senso di lasciare un messaggio a chi rimane. Un messaggio che non ha senso, che non spiega nulla, perche’ quello che veramente spiega non puo essere scritto ne puo, se anche lo fosse, essere letto, se non al limite da chi l’ha scritto. Mentre stava li, aspettando che l’aria e la carta la portassero lentamente alla morte, la goccia di inchiostro si chiese il senso di tutto questo, e non riusci’ a rispondersi. Quindi per la nostra storia non ha senso concentrarsi su di essa.

La goccia di saliva che usci’ durante un accesso di pianto invece ha senso per la nostra storia. E’ una goccia che non sarebbe dovuta esserci, una goccia che rende imperfetto il tutto, una goccia in inconsapevole pentimento… o piu probabilmente di incontenibile sofferenza. La goccia di saliva si mischia in parte a quelle delle lacrime, ed insieme raccontano una storia complessa, di amore, rifiuto, e poi odio, rabbia, e poi solitudine, e quindi ancora amore, e ricomincia tutto giorno dopo giorno, mese dopo mese, anno dopo anno, come se nulla mai dovesse cambiare, come se le scelte che si fanno non hanno ragione di essere fatte, come se le scelte che si rifiutano fossero sempre quelle che risolverebbero la vita, ma allora che va fatto per vivere bene? Che va fatto per vivere? Che va fatto? Cosi’ parlavano fra loro le gocce di lacrime e la goccia di saliva, cercando di capire qualcosa di quello che stava succedendo, ma non riuscendoci prima di raggiungere l’acqua ormai fredda della vasca e dissolvendosi in essa.

Un movimento inconsulto, l’ultimo, provoco’ uno schizzo di acqua dalla vasca, e molte gocce raggiunsero la carta del messaggio, dando nuovo tempo alla condanna a morte della goccia di inchiostro, mentre altre raccontarono la storia delle lacrime al sangue raccolto a terra, con il quale scambiarono storie sulla ragazza e sulla sua vita, per il tempo a loro concesso dall'aria.

Ormai molte gocce si sono incontrate, hanno pensato, parlato, riflettuto… ormai e’ tempo di chiudere il nostro racconto, da quando nessuna goccia scorre piu lungo la mano della ragazza, da quando nessuna lacrima scorre piu lungo le guance, da quando nessun movimento puo mischiare le carte. Da quando le gocce sono ormai morte, e la nostra storia non ha piu senso di esistere.

G. Z.

mercoledì 4 giugno 2008

Racconto inutile di un bambino.

Nacque. Il primo passo di un uomo, nascere… per molti il primo di una lunga serie, per altri il primo di una serie sfortunata. Lui non predestinato a nessuno dei due: lui era al centro esatto dei due sentieri, al bivio, seduto nel punto in cui le strade sono ancora una ma diventano due. L’infanzia fu particolare, fu un bambino sfortunato. Questo a detta delle signore vecchie ai lati della strada, che guardavano passare la gente sedute su seggiole vecchie quante loro, di legno bianco scheggiato, si stoffa lisa e di imbottitura che aveva conosciuto tempi migliori. Era un bambino normale, secondo i compagni di scuola, secondo quelli che come lui avevano le ginocchia sbucciate e la pancia che doleva per le troppe pesche rubate al fruttaiolo all’angolo. Era un bambino ubbidiente, dicevano le maestre dell’asilo e poi delle scuole elementari, un bambino che faceva tutto quello che gli si chiedeva con prontezza e precisione. Era un bambino intelligente, secondo il vicino di casa che lo teneva quando la madre stava al lavoro e la scuola era chiusa, e che lo vedeva giocare con metodo. Era un bambino speciale, per la madre che lo aveva allevato da sola, per colei che facendo della fatica il suo vessillo da sventolare contro le signore aveva allevato il bambino, e lo aveva allevato nel migliore dei modi che le era consentito. Ma lui cosa era? Lui non sapeva molto di se stesso, troppi erano i giudizi di troppe persone differenti, e troppa era la confusione che aveva in testa. Lui sapeva solo di essere se stesso… una continuità del proprio essere che sapeva gli altri bambini non provavano. Lo aveva chiesto agli amici e ai compagni di classe, e l’unica risposta che aveva avuto in cambio e’ stata uno sguardo vacuo , uno spintone e la merenda rubata da Mario, il bulletto della classe. Aveva anche provato a chiederlo timidamente alla maestra, ma lo sguardo gli aveva fatto capire che forse era meglio evitare e lasciare perdere. Era intelligente, come diceva il vicino… e la maestra decisamente non aveva capito, e lui non sapeva spiegarsi. Il vicino di casa lo stava a sentire distrattamente, quindi anche lui non lo poteva aiutare, se non per domande tecniche alle quali rispondeva con solerzia. La mamma era piena di lavoro, gli voleva bene, ma non poteva aiutarlo, questa era una cosa che voleva il tempo necessario. Alla fine il bambino si rese conto che era meglio lasciare perdere la faccenda… ma crebbe comunque con la convinzione di avere una profonda conoscenza della continuità di se stesso. Lui era sempre presente alla propria mente, era conscio qualsiasi cosa facesse, e riusciva a farla senza distrazioni con una buona precisione. La sua vita fu ne brutta ne bella… crescendo divenne un po’ timido con le donne, il fatto che non avesse avuto un padre un po’ lo metteva sulla difensiva. Si era reso conto che i genitori delle ragazza con cui usciva non vedevano la cosa di buon occhio… ma questo non lo fermo’ dal farsi le sue esperienze a dal trovare una compagna per la vita. Al posto di lavoro fu un bravo libero professionista. Si laureo’, con un modesto ritardo e una buona media, all’università’, e si dedico’ alla professione con coscienziosità. Guadagnò il giusto. Ebbe due figli a 34 e a 36 anni, un maschio ed una femmina: Chiara e Michele, verso i quali fu un discreto padre, aiutato anche dalla splendida compagna che la sorte gli diede in moglie. Passo’ pero’ tutta la vita con la sensazione che in realta’ non era stato capito, che tutti quelli con cui ha avuto a che fare non erano in grado di provare quello che provava lui. La “presenza”, come ormai la chiamava, era per gli altri una cosa fluttuante. Questo lo fece soffrire per tutta la vita, la sensazione che dopo tutto lui era un essere speciale, ma che non poteva essere capito. I suoi stessi figli non erano in grado di comprendere quello che spiegava loro. Rinuncio’ per la seconda volta. Prosegui’ la sua vita fino ai 65 anni: facilmente riassumibile, i suoi figli si allontanarono dalla famiglia di origine, fondandone a loro volta di loro. Litigi e screzi fra le generazioni, ne piu ne meno come da manuale, il pensionamento. Ecco, quello fu per lui un colpo brutto. Da libero professionista si era immaginato di poter continuare la sua vita lavorativa fintanto le forze lo aiutassero, ma si rese conto intorno ai 60 anni che in realta’ quello che non lo aiutava piu era la tecnica: i nuovi professionisti, le nuove leve, usavano con perizia strumenti e nozioni che per lui erano dati dall’esperienza e acquisiti in modo confuso. No, non poteva piu’ competere. Tiro’ avanti altri 5 anni e poi la pensione. Comincio’ a questo punto a chiedersi nuovamente se era speciale, se era l’unico a possedere la “presenza”. Chiese nuovamente e timidamente alla moglie, che sbuffando liquido’ la cosa con un commento che suonava come “speriamo che non sia alzheimer”. Ancora piu timidamente chiese ai figli, durante un pranzo della domenica a casa, ma venne liquidato con una risata e un: “Lo ricordi, Chiara, da piccoli? E’ proprio una fissa, eh papa’. Dai, non pensarci”. Chiese agli amici, meno timidamente in quanto amici, i pochi rimasti, quelli che avrebbero potuto esserci. Anche li, nulla. La madre era morta da tempo, quindi niente da fare. Rinuncio’, per la terza volta. Fu l’ultima. Si spense di attacco cardiaco notturno, due mesi dopo il sessantaseiesimo compleanno, l’unica volta nella sua vita in cui non era presente a se stesso.

domenica 9 dicembre 2007

HOHOHO!!!

Racconto una storia vera:

C'era una volta un bambino bello, bravo, buono, casto.... Sapete di cosa parlo, no? Una bella sera quel bambino (mi ricordo, stavamo sotto natale) decise di scrivere la lettera a babbo natale... cavolo, era stato buono tutto l'anno. Non aveva commesso atti impuri, non aveva desiderato la donna d'altri, non aveva rubato, non aveva fatto piu o meno un cazzo. Stava ad un passo dal coma... un anno buttato, in sostanza. Questo bimbo, dicevo, decise di scrivere una lettera a babbo natale.
La lettera (cito a memoria) diceva, piu o meno, cosi': "caro babbo natale, ti scrivo questa lettera perche' penso di essere stato un bambino bravo. Sono stato buono tutto l'anno, non ho commesso atti impuri, non ho desiderato la donna d'altri, non ho rubato, non ho fatto piu o meno un cazzo. Ora voglio un regalo che mi ripaghi di questo anno di sacrifizi. Lascio a te la scelta, so che non mi deluderai.". Corse la mattina del 2 dicembre a spedire la lettera, con il suo bel francobollo in bella vista, con importo superiore al dovuto (sia mai che le poste avessero qualcosa da ridire...), e la spedi' a babbo natale. Passo' 23 giorni in trepidante attesa, sempre piu buono per evitare che babbo natale avesse qualcosa da ridire... diciamo che in quel mese scarso supero' abbondantemente il limite della coglionaggine... i suoi stessi amici ormai lo schifavano, le poche donne che gli rivolgevano la parola lo chiamavano fra loro "il fraticello"... una cosa oggettivamente oltre il limite dello schifo. Comunque, in un modo o nell'altro, i giorni passarono... e santo Dio arrivo' il natale. Il bel bambino si alzo' dal letto, corse felice e trepidante (ma anche un po ansioso...) verso l'albero e trovo' un pacchetto!!! La gioia sali' a mille, apri' il pacchetto, e trovo'... nulla. Un biglietto, che diceva, piu o meno:"Sei stato troppo buono perche' ci sia qualcosa di terreno che ti interessi..."
Il bimbo ebbe la metta percezione, forse la piu chiara della sua vita, di essere un coglione.

martedì 2 ottobre 2007

blocco

incredibile il blocco dello scrittore... una marea di idee, una cosa impressionante, si accavallava nella mia mente. Cose che voi umani non avreste nemmeno potuto immaginare... storie su storie, come vecchie raccolte di topolino disposte a pile lungo la parete piu inaccessibile di un robivecchi. Personaggi che si affollavano nella mia mente, intenti a fare cose, dalle piu truci alle piu nobili, scomparsi come all'arrivo della guardia di finanza. Scenari che i diorama che tanto vanno di moda (o andavano? credo che al passato il verbo sia piu esatto) nemmeno lontanamente scalfivano nella complessita'... eppure, tutto questo e' andato perduto, come lacrime nella pioggia. E questo quando e' successo? Quando, ovviamente, ho aperto il blog.
Ora, capisco che si parla di umorismo nero, ma qui si rasenta il sarcasmo...

ok, mi metto sotto e tiro fuori qualcosa. Appena posso, il che significa a babbo morto (tanto per restare in tema)

lunedì 17 settembre 2007

Si comincia...

ok, si comincia. Ammetto che non ho molti blog, a dire il vero, questo e' il primo. E forse anche l'ultimo, se non ci muoio sopra. Se leggi questo messaggio, sappi che siamo ancora agli inizi, e che quindi il blog va rodato. Se non lo leggi, vuol dire che e' passato del tempo, e che quindi stiamo andando avanti, e me ne compiaccio. Se invece te lo sei andato a cercare, beh... te la sei cercata :D

Appena rimedio tempo... aggiungo. Cosa? beh... racconti neri, gialli, bianchi.. umoristici, seri. Ma si spera soprattutto UMORISMO NERO!!!

Buona lettura, o voi che arriverete.